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L’opera di Masolino, gli affreschi di Empoli

(pagg. 84-87)

da

Masaccio

di Mario Salmi

Hoepli Editore Milano

Prima edizione 1947

Seconda edizione 1948

 


 

 

Masolino affrescò nel 1424 la cappella di Sant’Elena per la Compagnia della Croce — la prima a destra nella chiesa di Santo Stefano di Empoli, — con le storie della vera Croce, cioè con un argomento già trattato da Agnolo Gaddi e dalla sua scuola. Recenti indagini hanno posto in luce parti delle composizioni di Masolino sottilmente tracciate a sinopia sull’arriccio delle pareti e della volta.

 

 

Qui in una vela, ancora si scorge il Salvatore con la croce appoggiata alla spalla sinistra; in un’altra il Cristo portacroce (tavola 117) e le figure, quantunque slargate nei volti, così da far sospettare la presenza di un collaboratore che traduca il maestro, assumono un ‘accentuata gracilità gotica, e le croci si dispongono con senso decorativo che Masolino non dimenticherà nella volta della Colegiata di Castiglione Olona.

Nel pilastro d’ingresso a destra un tenue arcangelo ha la levità stremata che certo tardo gotico condurrà a sgraziati sistemi manieristici in alcuni affreschi del Chiostro Verde di Santa Maria Novella e nelle cose attribuite al cosiddetto Maestro di Montefloscoli.

Ma in Masolino resta ancora una elastica eleganza che torna nelle figurine delle storie nelle pareti e che vedremo in quella del diavolo consigliere di S. Giuliano nella predella di Montauban (tav. 147).

 

 

 

L’intradosso dell’arco della cappella accoglie tuttora mezze figure di santi dipinte entro quadrilobi, tutti con la croce, i quali si rivestono di chiaroscuro e di colore caldo e prezioso, prendono cioè evidenza corporea che nella sinopia manta e rivelano pure nella loro delicata comune idealizzazione, talora avvivata da luci contrastanti (tav. 210 a), disparità di tipi e discontinuità che suggeriscono piu decisamente la presenza di aiuti fra cui di quel Paolo Schiavo che il Vasari ricorda, quale unico discepolo di Masolino e che troveremo a Castiglione Olona, come uno dei due continuatori dell’opera di quel pittore nelle pareti della Collegiata.

 

 

Ad Empoli, troviamo Masolino — da solo — in un contemporaneo frammento di affresco nel transetto della chiesa di Santo Stefano, sullo stesso lato, (tav. 118), in un folto gruppo di paffuti biondi bambini volti verso un santo, in un ambiente architettonico gotico, del quale santo solo si scorge il manto di ermellino, forse un S. Ivo coi pupilli. Fra questi, che compongono come un coro di chierichetti devoti, una fanciulla in alto s’insinua allungando il collo quasi per timore di esser dimenticata.

Soprattutto però questo coro di putti vale come nota di delicate gradazioni di biondo e di rosa; come un mazzo di fiori primaverili, perchè il roseo dei volti si accorda con quello delle vesti alternativamente più intenso e più pallido, anche se s’insinua una nota verde nella tunica di una bimba in secondo piano, cinta la testa di un’infula rossa. Nell’angolo poi della fascia di contorno in alto una pura testina femminile osserva il gruppo.

Nel transetto continuava una decorazione pittorica di cui restano tracce insignificanti; e si apriva la porta della sacrestia fregiata nell’architrave dello stemma dei Medici e sormontata da una lunetta a sesto acuto, di cui e riapparsa traccia dell’incorniciatura grigia dipinta a cuspide. L’affresco di Masolino è verosimilmente coevo (tavola 119).

 

 

 

Tracce d’oro nel fondo, ora roseo, dimostrano che con senso di preziosità da quello emergevano le figure come da un mosaico o da una tavola. La bellezza dei colori nella tunica rosa violacea a fiorami del Putto, memore dei modi di Gentile da Fabriano, negli sfumati camici rosa pallido degli angeli, nell’azzurro intenso del manto della Vergine — ancora drappeggiato goticamente — sovrasta di gran lunga ad ogni altro effetto.

Il Bimbo in piedi con un filatterio e benedicente, disceso dai senesi attraverso Lorenzo Monaco fino all’Angelico, ma tanto simile ai bambini di Arcangelo di Cola (tav. 212), è più grave e più corposo di quelli che abbiamo visti, come gli angeli che lo fiancheggiano, per l’influsso del genio soverchiante di Masaccio sulla personalità di Masolino.

In un punto questo non ancora ben chiarito dalla critica, che possiamo considerare come la causa maggiore della confusione fra i due pittori.

Si veda un altro affresco di Empoli, quello della cappella del Battistero nella Collegiata.

La Pietà (tavola 120), architettonicamente composta su schemi tradizionali, mostra figure ben modellate a piccoli tratti con un chiaroscuro intenso ma d’intonazione diversa nei tre personaggi (tavv. 121-123) e risaltanti contro il fondo, un tempo azzurro mutatosi in verde, con la loro massa più plastica e il disporsi dei panni semplificato; e mostra qualche delicatissimo accenno veristico quale e il teschio di chiarore marmoreo che un piccolo profeta entro un tondo tiene in mano, o il venato legno della croce.

 

 

 

 

 

Non mi par dubbio che si tratti di Masolino; però l’influsso di Masaccio è così evidente nella modellazione che il Toesca si domanda se non ci troviamo di fronte ad una fatica alla quale collaborarono i due artisti.

Il pathos delle figure che mancano di convinzione e di potenza drammatica, la ricerca continua di delicati effetti cromatici, la linea di contorno calma e ornamentale, la stessa somiglianza fra la testa del Salvatore che culmina l’affresco (tav. 124) e quella che sovrasta il quadretto di Brema, escludono una tale ipotesi. Pure il riscontro e illuminante come sintomo.

Datando la Pietà di Empoli tra la fine del 1424 ed i primi del 1425, come sembra probabile, si obbietterà che Masaccio non ancora aveva eseguito ne il polittico di Pisa ne i memorabili affreschi di Firenze.

La sua azione su Masolino potrebbe essere soltanto sostenuta attraverso l’affresco di Montemarciano, la tavola degli Uffizi (che prova già un rapporto fra i due), e la Madonna dell’Umiltà, cioè attraverso un troppo esiguo gruppo di opere.

Ed è vero. Ma il maestro che dipinge il polittico pisano dimostra un’esperienza così larga ed uno stile cosi personale che deve essersi prima affermato con cose di tale potenza figurativa da poter colpire un artista impressionabile, e lo vedremo, come Masolino.

Se l’attività di Masaccio avanti quell’opera, si presenta oggi lacunosa (oltre l’Annunciazione di San Niccolò chi sa quanti altri dipinti di lui saranno andati perduti), chi non esclude che col suo genio l’artista abbia potuto esercitare un influsso su coloro che gli stavano vicini, e l’affresco di Empoli ne è per me una prova quanto mai evidente.

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