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La Madonna della Scala

 

da

La Madonna e il Bambino nella scultura di Michelangelo

di Deoclecio Redig de Campos

fotografie di Giorgio Avigdor

Ente Fiuggi SPA

 

 

Ma la testimonianza più chiara di questo aspetto della religiosità del Buonarroti è resa dalla sua predilezione per i temi della « Pietà» e della « Madonna col Bambino », dov’è evidente come la cosa rappresentata, il contenuto, conti per lui quanto il modo di rappresentarla, cioè la forma, facendone delle preghiere scolpite. Questo carattere appare con evidenza già nella prima sua opera giunta sino a noi: la Madonna della Scala. Il Condivi ne tace, ma la menziona il Vasari, nella seconda edizione delle sue Vite (1568), con le seguenti parole:

«Il quale Lionardo [Buonarroti, il nipote] non è molti anni che aveva in casa, per memoria di suo zio, una Nostra Donna di bassorilievo di mano di Michelangelo, di marmo, alta poco più d’un braccio, nella quale, sendo giovanetto in questo tempo medesimo, volendo contrafare la maniera di Donatello, si portò sì bene, che par di man sua, eccetto che vi si vede più grazia e più disegno» [Vasari, VII, 144] (11).

Ad essa si riferisce forse una lettera di Michelangelo al padre, di cui tratteremo a proposito della Nostra Donna di Bruges.

La Madonna è figurata nella parte destra della piccola lastra di marmo — dai contorni rilevati a mo’ di sottile cornice –, seduta di profilo a sinistra con le gambe incrociate, su un blocco di pietra squadrato. Tutta la persona è avvolta in un pesante manto, da cui sporgono in basso le pieghe della veste. Il capo nimbato, dal severo contorno greco, è coperto d’uno spesso velo che ricade sull’omero. Il Tolnay [1968, 4] ed altri ritengono questa ieratica figura ispirata a qualche stele funeraria antica.

Con la mano destra scopre un poco il seno per allattare il figlioletto, reggendolo con la sinistra seduto sulle ginocchia, visto di spalle, col braccio destro piegato all’indietro in una mossa forzata, come in  certe iconi bizantine.  Il rilievo delle forme è molto basso, e ancora più «stiacciato» si mostra, per suggerire la distanza, nella metà sinistra della lastra, occupata da un ripido scalone a gradini altissimi, che dà il nome a questa scultura.

In alto, un giovane che scendeva si è fermato, torcendo il busto per sporgersi sulla spalletta, e sventola un drappo, di cui l’ultimo lembo è ripreso da un altro appena accennato dietro al dorso della Vergine, mentre sul ripiano superiore due ragazzi lottano per giuoco. Sono figure marginali, e (come più tardi gli efebi ignudi del Tondo Doni) senza alcun rapporto chiaro col gruppo in primo piano. Tutta questa parte della composizione sebbene per esigenza di prospettiva dovesse comunque essere meno finita dell’altra — è rimasta allo stato di abbozzo vero e proprio, come mostra l’anormale grossezza delle braccia e delle gambe del fanciullo più grande.

Il dado su cui siede Maria sembra far parte della struttura architettonica, continuando la spalletta della scala. L’autenticità dell’opera non mi pare si possa ragionevolmente mettere in dubbio, o addirittura negare, come han tentato di fare lo Holroyd ed il Benkard, sia per le sue analogie stilistiche con il quasi coevo bassorilievo dei Centauri (il dorso del Bambino), e sia per essere stata — vivente Michelangelo — sempre ritenuta cosa di sua mano dal nipote Lionardo, e per tale conservata nella casa di Via Ghibellina, dove la si vede ancor oggi (12).

Quanto alla data, non si hanno notizie precise, sebbene molte ipotesi discordanti e fondate su argomenti opinabili. Ad esse non intendo aggiungerne alcun’altra, bastandomi quanto dice il Vasari [VII, 143-144 ] della Madonna della Scala e della Battaglia dei Centauri, essere, cioè, state quelle opere eseguite dal giovanissimo scultore negli anni da lui trascorsi in casa del Magnifico Lorenzo, e quindi tra il 1490 ed il 1492.

Poco seguito ha avuto il parere del Longhi, il quale propone per ambedue i rilievi una datazione assai più tarda, e per quanto riguarda l’ultima stima non esservi nessuna ragione di crederlo « anteriore alle opere di Bologna e perfino alla Pietà di San Pietro » (1499). Se ciò dovesse intendersi anche della prima scultura, si avrebbe nell’arte di Michelangelo un temporaneo regresso, impossibile a negarsi e difficilmente spiegabile. (13)

La Madonna della Scala è, infatti, l’opera di un esordiente (sia pure di altissima qualità), cui manca ancora la piena padronanza dell’arte. Lo dimostrano ad evidenza l’arbitrario aggrovigliarsi del drappeggio, poco rispondente alle forme che ricopre; il braccio del Bambino, difettoso nell’anatomia; i piedi troppo corti e tozzi della Madre, ed altre minori manchevolezze, naturali in un ragazzo sui sedici anni. E’ nel giusto il Vasari quando avverte in questo marmo una dipendenza stilistica da Donatello, ma pecca d’adulazione nel trovarvi « più grazia e più disegno »: avrebbe dovuto dire « più genio » (14).

Invero, nonostante i segni di un «mestiere» ancora esitante e incerto, il piccolo eppure monumentale rilievo non ha forse l’eguale nella scultura d’allora, e la potente personalità di Michelangelo vi si esprime già intiera, con i suoi caratteri etici ed estetici più o meno maturati, ma inconfondibili. II suo modo di sentire la vita come dramma di Dio all’ombra della morte; il suo mondo fantastico, popolato da un’umanità di eroi e di giganti; il suo essenziale linguaggio formale, articolato in dominati contrasti di linee, piani e volumi, si ritrovano già tutti in quest’opera della sua adolescenza; boccio che si schiuderà, dopo più d’un quarto di secolo, nella pensosa Madonna dei Medici (15).

In ambedue predomina un medesimo sentimento (comune in vario grado anche alle altre sculture dello stesso soggetto, di cui poi si dirà), ed è quello della solitudine di Maria. Ella accudisce al Figliuolo con i gesti istintivi della madre, ma non lo guarda, né gli sorride, come assorta nello sforzo di un difficile e oscuro pensiero. Molti autori hanno avvertito questo distacco, e lo hanno diversamente inteso, ma di solito esso viene interpretato come preveggenza della Passione di Cristo e sua, annunciatale nel Cantico di Simeone [Luc., 11, 25-33].

E così è di certo, anche se non è tutto (16). Nella repressa inquietudine delle Madonne di Michelangelo si riflette forse quel tratto fondamentale della personalità della Vergine, cui già abbiamo accennato, e cioè il contrasto fra la sua natura umana ed il mistero divino che in lei, e per mezzo suo, si compie. La Ancilla Dei aveva accettato in umiltà l’annuncio dell’Angelo, ma senza comprenderne il mistero  nella  sua  intierezza: «anche per lei doveva venir la Pentecoste» (17).

 


 

Note

1)

Ecl. IV, 60. Dedicata ad Asinio Pollione, questa bucolica promette il ritorno dell’età dell’oro in concomitanza con la nascita di un bambino, e, come ora si dirà, fu ritenuta una velata profezia del Cristianesimo, fra altri da Dante (Purg., XXII, 57-62). Cfr. H. Hommel, Vergils «messianisches» Gedicht, in Wege zu Vergil, Darmstadt, 1966, p. 368-425, a cura di H. Oppermann. Sull’oscuro senso dei versi che seguono si veda P. Mingazzini, La chiusa dell’egloga quarta di Virgilio e il rito del lettisternio, in «Giornale Italiano di Filologia», I (1948), pp. 209-212.

2)

Per realismo ideale intendo l’atteggiamento dell’artista ellenico che nel modellare una figura umana cerca di estrarre dalle apparenze naturali, fedelmente riprodotte («imitate») nella loro struttura organica, tutta l’armonia formale di cui esse sono suscettibili, ma che non si trova mai nei singoli individui se non in modo approssimativo ed incompleto. Cfr. D. Redig de Campos, Considérations sur la genèse de la Renaissance dans la peinture italienne, in «Actes du XVIIme Congrès International d’Histoire de l’Art» (Amsterdam 1952), La Haye, 1955, pp. 275-290. Della stilizzazione simbolica della figura umana nell’arte medioevale ha trattato acutamente G. B. Ladner: Ad Imaginem Dei. The Image of Man in Mediaeval Art, Latrobe (Pennsylvania), 1965.

3)

Si formarono allora in Grecia i vari tipi iconografici della Madonna, quali la Blachernotissa, in piedi con le mani alzate come un’orante, col Bambino in un’aura sul petto; la Platytera, simile alla precedente, ma con un Volto Santo al posto del Bambino; la Hodegetria, col Bambino benedicente sul braccio sinistro; la Glykophilousa, che bacia il figliolo, ed altri. Cfr. H. L. Keller, Reclams Lexikon der Heiligen and der biblischen Gestalten, Stuttgart, 1968, pp. 355-356.

4)

Di questa tavola scrive il Vasari:

«la qual opera fu di maggior grandezza, che figura che fosse stata fatta insin a quel tempo; ed alcuni Angeli che le sono intorno, mostrano, ancor ch’egli avesse la maniera greca, che s’andò accostando in parte al lineamento e modo della moderna: onde fu quest’opera di tanta meraviglia ne’ popoli di quell’età, per non si essere veduto insino allora meglio, che da casa di Cimabue fu con molta festa e con le trombe alla chiesa portata con solennissima processione, ed egli perciò molto premiato ed onorato» (Vasari, I, 254).

5)

Cfr. A. Grillmeier, S.J., Der Logos am Kreuz, München, 1956, cap. 6. Vi si tratta del Crocifisso morto con gli occhi aperti, a significare la sua divina immortalità (pp. 110-117).

6)

Tolnay, 1968, 3-4. L’autore a p. 3 di questo estratto, ricorda inoltre che anche la Sepoltura di Giulio II comprendeva una statua della Madonna.

7)

Sul problema della cosiddetta «terza maniera» cfr. D. Redig de Campos, Il Giudizio universale di Michelangelo, Milano, 1964, pp. 69-79, e le opere citate a nota 39.

8)

Nel 1964, ricorrendo il IV Centenario della morte di Michelangelo, questo passo del breve di Paolo III venne inciso per volontà del Regnante Pontefice Paolo VI, nella lapide marmorea che sovrasta una replica del busto in bronzo del Buonarroti (quello di Daniele da Volterra), collocata allora in una nicchia ai piedi del tamburo della cupola vaticana. Cfr. D. Redig de Campos, Michelangelo e la Cupola di San Pietro, ne «L’Osservatore Romano», 6-7 settembre 1965, p. 5.

9)

Intendo qui parlare delle due figure di risorti tratti in cielo da un angelo aggrappati ad un rosario. Questa pia pratica, di origine domenicana, fu assai cara al Savonarola, di cui è noto l’influsso sulla religiosità dell’adolescente Michelangelo (cfr. Redig de Campos, Giudizio cit., p. 35 e nota 2).

10)

«Trovandomi più d’un mese fa che la fabrica di San Pietro s’era allentata del lavorare, mi disposi andare fino a Loreto per alcuna mia divozione…» (Milanesi, 330).

11)

In un appunto alla 24 edizione del suo volume su Michelangelo, il Goldscheider, avvertì di aver riscontrato tutte le misure delle opere scultoree di Michelangelo nei casi controversi, trovandole quasi sempre inesatte (Goldscheider, 4 ). Nel presente scritto si seguiranno quelle da lui indicate, che sono, per la Madonna della Scala, cm. 56 per 40 larghezza, dovendosi peraltro considerare la non assoluta linearità dei contorni. Della discordanza di questi dati nei vari autori (fra altri Knapp, Kriegbaum e Tolnay), il Goldscheider dà un esempio preciso per quanto riguarda la statua del David.

12)

Cfr. Holroyd, Michael Angelo Buonarroti, London, 1903, p. 104, e E. Benkard, Michelangelos Madonna on der Treppe, Berlin, 1933, pp. 11 e segg.

13)

Cfr. R. Longhi, Due proposte per Michelangelo giovine, in «Paragone», IX (1958), pp. 61-62. L. Grassi, Introduzione all’arte di Michelangelo, Roma, 1964, p. 63, ritiene giustamente che, per la Madonna della Scala, «i rapporti stilistici più stretti si pongono con l’Angelo scolpito da Michelangelo a Bologna per l’Arca di San Domenico nel 1494-95».

14)

Le incertezze dell’inizio furono d’altronde presto superate da Michelangelo, tanto da scomparire quasi del tutto nel bassorilievo dei Centauri (Casa Buonarroti), di cui il Poliziano gli suggerì il tema intorno a quegli stessi anni. Il Condivi lo dice «finito» (in realtà rimase anch’esso incompiuto) poco prima della morte di Lorenzo de’ Medici, che fu nell’aprile 1492. Cfr. Condivi, 45-47, e Vasari, VII, 143-144.

15)

Altre anticipazioni di motivi michelangioleschi si hanno, secondo il Tolnay, nel dorso del Bambino, che si ritroverà dopo circa trent’anni in quello del Giorno col braccio ripiegato nella Sagrestia di San Lorenzo, e nelle mani della Vergine che ricordano quelle del Mosè. (Tolnay, 1968, 4).

16)

Il Tolnay (loc. cit.) vi vede inoltre «un esempio di atteggiamento stoico di fronte al fato». Per G. Papini, Vita di Michelangiolo nella vita del suo tempo, Milano, 1949, p. 45, la Madonna della Scala è addirittura «fuori del Cristianesimo. Qui è il Destino fatto femmina, fatto nutrice di un futuro Titano».

17)

Guardini, Die Mutter des Herrenauch für sie sollte Pfingsten kommen»), cit. in B. Lang, OSB, Das grosse Marienbuch, Vaduz FL, senza data, p. 228.

 


 

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