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Luigi Boni con le sue sculture

 

Luigi Boni

 

ricordi e frammenti

di Paolo Pianigiani

 

Che cosa?

Accumulo di materia e la sua distribuzione armonica: materiale vario e di varia natura. Vegetale o comunque vissuto. Trascinato per onde dal mare, in sferoidi fibrosi o a fibrille.

Monocromo o per sottili sfumature di tono distribuito su superfici increspate. Per un allungarsi uguale di ombre, ombre a più dimensioni, quando la luce.

Questo è il periodo dei grandi rettangoli, tele corpose piene di vita o di residui verticali, per vertigini d’immagine.

Barocco e per spazi brulicanti e sferici. Materico o informale, lo puoi definire ora, anche se la distribuzione è armonica, pulsante, ordinata da tensioni interne.

II grigio costante domina, esaltato da un desiderio del nero; e il bronzo e un blu metallico e le terre: colon per natura in continui percorsi.

Poroso e assorbente it fondo: esaltante attesa del finito, non sai mai com’e finché non respira l’ultima molecola liquida: e le trasparenze si fanno vibranti, il cupo silenzio del colore immobile.

Strano mestiere il suo, ultimo residuo di una presenza lontana, alchimista di superfici, di tensioni, di immagini.

E ancora: si delinea poi in verticale lo spazio, trattenuto e teso da frammenti di legno, uguali e costanti a tracciare un rilievo.

E insieme un fondo, ricordo o retaggio di materie vitali, ordinate per ritmi. Ghirigori su fiseline in un incontro incostante.

Rigore di forme o abbandono di immagini? Insieme, per superfici costanti.

Quadri che parlano, sapendoli ascoltare, storie di dubbi e certezze, di movimenti erranti, annoiati gesti o vibranti agonie: anche questo nella pittura.

Ricapitolazione e titolazione provvisoria: pittore di immagini a piu dimensioni: la terza è scontata, la quarta lasciata immaginare: non il rigore anche freddo di Fontana, ma il percorso meditato, di un più antico mestiere, non dominato dalle matematiche.

E come ti spieghi un dipingere così in provincia?

Un errore voluto o una scelta sbagliata o l’imponderabile caso. Strano sussistere di percorsi anteriori prima di un esilio in patria: patria improbabile per un cittadino del mondo.

L’Egitto in Alessandria, mi diceva, e qualcosa di simile a un bar, o bazar; l’incontro con Marinetti. La passione, poi, o il mestiere per vivere delle caricature, arma o biglietto per illimitati viaggi o permanenze.

I suoi strumenti di lavoro, un mazzetto di fogli e una penna a china. Ricordi di giornali arabi con i suoi disegni, e siamo intorno al ’32, salvo più dettagliate indagini, qui si procede a memoria.

Poi Parigi, boulevard Serurier, compra la sua casa; e le strade piene di turisti e di volti da abbreviare: le tasche piene di franchi e il tempo di vedere.

Punto di riferimento per pittori amici in dovuta trasferta: di un Loris Fucini per esempio.

Qui la tendenza alla pittura come coagulo di indagini continue. E ora un viaggio negli Stati Uniti, Canada, Belgio come attrazione per i visitatori, negli stand delle grandi esposizioni internazionali.

E ancora?

II dopoguerra diviso fra Milano, Parigi e Empoli: un triangolo quasi comico. Comunque sul finire degli anni ’50, un ritorno quasi stabile in Empoli, portandosi dietro piccoli quadri materici: siamo a definire I’informale, mentre nella vicina Firenze ci si dibatteva fra arte astratta e figurativa, e imperava ancora Rosai.

Pioniere forse sgradito di messaggi lontani, strano e straniero doveva sembrare ai concittadini, un po’ sarti e un po’ vetrai.

Come persona, però, un signore! E quella strana vicenda del night? Idea fissa, mi spiegava, per raggiungere una disponibilità economica per poter viaggiare e lavorare: in pittura ci vuole tranquillità.

Portare questa novita in paese, deve essere sembrata una buona idea: non lo è stata, comunque.

La sua pittura legata a Milano, lo studio in via Solferino, due stanze dipinte di verde e una grande terrazza. Intorno al ’70 gli “stecchini”, nati chissà in quale ristorante a ricucire una linea in rilievo.

E subito le tante varianti: dallo spazio assoluto della tela grezza, al metallico incresparsi di carte traslucide e la fiselina ricca di possibilità: beve il colore e non sai mai cosa ti restituisce quando si asciuga, di sicuro le sue infinite trasparenze.

Microcosmi racchiusi in piccoli rettangoli ritmati e verticali o le grandi composizioni insistite nei fondali lavorati e barocchi, per l’emergere della linea in rilievo.

E il colore?

O le monocromie ricercate, o gli improvvisi accenti sopratono: i rossi, i verdi smeraldo, il blu elettrico di Klein, ma comunque sempre un tendere verso l’assoluto del nero.

Un porto, il nero, pieno di riposanti certezze. Linea nera, chiamava il suo lavoro: io traccio una linea nera nell’infinito, mi diceva, nei rari monologhi di programma, fra noi.

Moi, je cherche le neant.

Gli ultimi anni animati da una mostra importante a Basilea, nel giugno del ’76, i suoi “stecchini” portati sotto il braccio, arrotolati come tappeti, per lo stupore dei doganieri, e una personale nella Viareggio di Vittorio Grotti, alla Fondazione Viani, che gli ha offerto la possibilità di una grande esposizione degli ultimi lavori.

Per finire, poi, un ritorno d’itinerario al semplice, composizioni di tele lucide di smalto nero unite da pochi frammenti di stecchino: un silenzio di emozioni, dopo aver sperimentato ogni ricerca possibile sulla follia dei colori.


Luigi Boni, quasi una biografia

 

Nasce a Cerbaiola (Empoli) il 31 agosto 1904, figlio di Carlo Boni, professore di educazione fisica, e di Nerina Grassi.

A 19 anni si trasferisce ad Alessandria d’Egitto, dove ha parenti proprietari di una casa di moda. Apre un bar, il primo con una macchina da caffè espresso.

 

 

 

Comincia la sua attività di caricaturista: sono datate 1932 alcune caricature pubblicate su giornali egiziani.

Si stabilisce a Parigi nel 1934-35, in boulevard Serurier. Comincia a dipingere, coinvolto nel frenetico mondo artistico parigino.

Espone al Salon Realitè Nouvelle, vende il suo primo quadro a un americano. Alla morte della madre, nel ’54, torna a Empoli.

Viaggi: Canada, Messico, Giappone. Entra nel gruppo di pittori astrattisti che si riconoscono nella Galleria Numero di Firenze. 23 marzo – 12 aprile 1963: Mostra Mercato d’Arte Contemporanea Palazzo Strozzi a Firenze: in catalogo un’opera materica del ’62, con le “scaglie“.

Nel ’64 a Sesto S. Giovanni ha un grande studio messo a disposizione da un industriale edile, pagamento un quadro al mese.

Comincia la sua attività di scultore. Il colore: il bianco.

  • 21 marzo – 19 aprile 1964: Mostra Mercato d’Arte Contemporanea Palazzo Strozzi a Firenze, Galleria Numero di Fiamma Vigo.

 

Catalogo Galleria Proposte Firenze 1965

 

 

  • 15-30 maggio 1965: personale alla Galleria Proposte, Firenze.

  • Partecipa a una rassegna di pittori e scultori, al Palazzo del Turismo a Milano, dal 21 febbraio al 5 marzo 1967. Esposizione di sculture al Quartiere delle Botteghe, Sesto S. Giovanni.

  • 21-24 settembre 1968: partecipa a Rimini, Palace Hotel, al 17° Convegno Internazionale Artisti Critici e Studiosi d’Arte.

 

Invito Galleria Sincron Brescia

 

 

  • 24 maggio 1969: Personale di sculture alla Galleria Sincron, Brescia, espone lavori realizzati a Empoli in lamiera bianca piegata.

 

 

Optical art

 

 

  • Periodo delle opere Optical Art, realizzate a Empoli nel 68/69. Sono superfici tese di gomma con forme in movimento, azionate da motorini elettrici ed evidenziate dalla luce radente.

  • Nel 1973 si apre it periodo degli “stecchini”: l’idea nasce al ristorante, osservando una tovaglia bianca.

  • 16-21 giugno 1976: espone a Basilea con la Galleria fiorentina Aglaia, alla Rassegna d’Arte internazionale Art 76.

 

XX Rassegna Nazionale Termoli 1976

 

  • Agosto-settembre 1976: XXI Rassegna Nazionale d’Arte di Termoli.

  • 1 giugno 1977: si inaugura la sua personale alla Fondazione Viani di Viareggio. Realizza una scultura in ferro che viene posta all’ingresso della Fondazione.

  • Ultimo periodo delle superfici assemblate nere.

  • 31 agosto 1977: muore all’ospedale di Castelfiorentino. Era nato lo stesso giorno, nel 1904.

 


 

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