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Per Angelo Serlenga

 

di Wolram Wallner

 

 

Scopriamo un tesoro nascosto, una città immaginaria sepolta da quasi quarant’anni

A ventitrè anni Angelo Serlenga ha deciso di abbandonare la pittura figurativa per l’astrazione. Segue una carriera folgorante con esposizioni nelle più prestigiose gallerie d’arte e coronata da importanti premi.

Nel 1975 l’artista decide di non esporre più le sue opere, a prima vista una decisione per motivi politici del momento, però in verità lui ha deciso di non più esporre alla cruda e crudele luce del quotidiano le confessioni di se stesso, il suo personale sismografo psicologico intimo: giustamente un suo scritto si chiama “comunicazione emotiva”.

Le sue opere sono un felice antidoto contro il gigantismo degli artisti di oggi che pensano a riempire i grandi spazi dei nuovi musei moderni.

Quando guardiamo questi “microcosmos”, tracciati con libero gesto di astrazione e sintesi, sono popolati di città e paesaggi e strutture urbane: tutto quello che ci seduce del reale stimola la nostra fantasia, siamo Gulliver in un mondo magico in miniatura che rappresenta tutto il cosmos.

Una raffinata struttura, quasi invisibile, dove tutto trova il suo posto giusto, dove non si potrebbe cambiare nessuna lineetta, nessun tratto di penna, nessuna pennellata, tutto ha il suo ordine divino sennò tutto cadrebbe  in frantumi.

Dobbiamo ammirare la genialità con la quale Angelo Serlenga crea con gli elementi più semplici, con macchie e linee rapide su un supporto ruvido, la sensazione di grandi spazi, profondi e perduti nel tempo.


 

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