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RAFFAELE LUONGO

Andrea sposta la cassa scura e io sposto quella chiara

fino ad ottenere un allineamento del suono

 

Galleria Il Ponte – Firenze
4 febbraio  –  1 aprile 2022
inaugurazione
venerdì 4 febbraio, h 18:00

 

 

La galleria Il Ponte apre la stagione espositiva del 2022 con una personale di Raffaele Luongo, che presenta due grandi nuove opere allestite sui due piani della galleria: questo lavoro si intitola Achille e la tartaruga e io sono Achille e Così fu quella volta che quasi incontrammo il dottor Isak Borg, di cui Raffaele Luongo ci racconta:

Questa è una mostra sul creare presenza nel passato.

Su una musica ricavata dal diario della costruzione di due sculture.

Sul rappresentare come colori le azioni che producono le opere.

Sulla storia di una foto scattata dall’interno della Renault 4 di mio padre.

Sull’esecuzione di una partitura nella quale le azioni di un testo generano dei brevi silenzi.

 


 

Biografia

Raffaele Luongo nasce nel 1966 a Caracas, Venezuela. Vive e lavora tra Napoli e Firenze.

Si forma all’Accademia di Belle Arti di Napoli.

Tra le mostre personali si segnalano

  • Andrea sposta la cassa scura e io sposto quella chiara fino ad ottenere un allineamento del suono, galleria Il Ponte, Firenze, 2022;
  • Ancora mi attardo ragion per cui, galleria Alfonso Artiaco, Napoli, 2011;
  • Baruffa in Galleria, galleria Alfonso Artiaco, Napoli, 2006.

Tra le mostre collettive si menzionano:

  • Per formare una collezione, The Show Must Go ON, Museo Madre, Napoli, 2017;
  • 30° Anniversary, galleria Alfonso Artiaco, Napoli, 2016;
  • Pensiero e Materia, a cura di Alessandro Demma e Massimo Scaringella, Capri, Certosa di San Giacomo, 2016;
  • Madre Coraggio: l’Arte, a cura di Achille Bonito Oliva, Villa Rufolo, Ravello, 2009;
  • Collezione Farnesina Experimenta, a cura di M. Calvesi, L. Canova, M. Meneguzzo, M. Vescovo, Ministero Affari Esteri, Roma, 2008;
  • Energie sottili della materia, a cura di M. Vescovo, Urban Planning Exhibition Center, Shangai, China National Academy of Painting, Pechino e He Xiangning Art Museum, Shenzhen, 2008;
  • ABRACADABRA, Vitrina de las Galerìas Italiana presentes en ARCO 2008, Istituto Italiano di Cultura, Madrid, 2008;
  • Abitanti Ambienti, a cura di Silvia Lucchesi, galleria Il Ponte, Firenze, 2007.

 


 

 

Gli “Ambasciatori” di Holbein il giovane è un’opera che affinché possa essere correttamente percepita e compresa, chiede allo spettatore uno spostamento fisico verso una posizione laterale rispetto al piano del quadro, sebbene un quadro di per sé riconosce unicamente come spazio esistenziale il suo piano frontale.

Anche se gli ambasciatori e il teschio stanno nello stesso spazio, la figura del cranio può essere correttamente percepita solo da un luogo che dista un infinito rispetto al piano del quadro. Holbein costruisce così un sistema che esprime una diversa relazione tra spazio e tempo.

Tre testi-partitura descrivono, in forma di diario, la costruzione di due audiocasse artigianali su cavalletti. Tramite una procedura aleatoria, le azioni, che nel testo determinano la costruzione delle due sculture, sono convertite in note musicali e quindi in musica.

Poggiato su una pedana, un woofer riproduce la musica della terza partitura che descrive le modifiche e la preparazione delle due sculture alla mostra.

Le partiture trasformano le azioni in frequenze e successivamente in note musicali o in colori: lo spostamento espande il mio punto di vista. Penso me stesso come un agente che occupa e osserva da un piano diverso, esattamente come faccio quando mi sposto a lato per vedere il teschio degli ambasciatori di Holbein.

Una foto in bianco e nero, scattata all’interno di una Renault 4, riprende una vettura in movimento in una strada di campagna. La Renault 4 era una macchina appartenuta a mio padre negli anni della mia adolescenza. La vettura fotografata invece apparteneva al dottor Isak Borg che in quel momento stava giungendo nel luogo dove, molti anni prima, aveva vissuto parte della sua giovinezza con i fratelli e i cugini.

Attraverso minime storie personali, storie di fumetti, di film, oppure grandi drammi storici, storie di cambiamenti sociali, si rappresenta un modello di relazioni spaziali e temporali che esiste su piani diversi del reale, incommensurabili tra loro e che penetrano in modo diverso la nostra coscienza.

La polvere raschiata è il recupero di una traccia del tempo che porta in sé la testimonianza di tutte le azioni, correlate al mobile, che io e la mia famiglia abbiamo prodotto.

Il suono ambientale nel quale è immersa la scultura, è la porzione audio estremamente rallentata della scena del film di Bergman nella quale il dottor Borg ritrova il posto delle fragole. Al suono si aggiungono dei silenzi di brevissima durata ricavati da una partitura che utilizza il testo della lettera di “Miei cari genitori, ancora mi attardo ragion per cui divido la mia attenzione tra me, tutto il nostro aver fatto e il tempo saturnino di Isak Borg” (2011).

Ogni opera è un modello di pensiero che espone idee e processi sulle relazioni spaziali e temporali: mi ricordo di un racconto di Ian McEwan in cui Peter Fortune, un ragazzino che viveva nei suoi sogni, alla fine del racconto guardando le onde del mare ha un intuizione: vede quelle onde come un’unica forma di tutti i sogni che ha fatto e che farà fino alla fine della sua vita.

“Così fu quella volta che quasi incontrammo il dottor Isak Borg”, costruendosi sull’idea di una correlazione di tutte le cose esistenti come se queste fossero parte di un’unica trama, mi conduce alla realizzazione di una impossibilità: quella di aver vissuto in maniera seppur marginale un pezzo della storia del dottor Isak Borg.

 


 

 

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