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La Madonna col Bambino, i Santi Giovanni Battista e Ambrogio, e un angelo (Madonna di Sant’Ambrogio).

di Alessandro Nesi

Olio su tavola, cm. 168,5 x 132,6

Provenienza: Dall’oratorio della Compagnia fiorentina di Santa Maria della Neve presso la chiesa di Sant’Ambrogio, il dipinto passò nel febbraio del 1620 nelle collezioni del Cardinale Carlo de’ Medici. Nell’Ottocento si trovava a Napoli, prima presso Giovanni Vincenzo Rogadeo di Torrequadra, e quindi presso Giuseppe de Vargas Machuca di Casapesenna.

Ceduto agli antiquari Ehrich di New York fu esposto da Harold L. Ehrich nel 1930 al Detroit Institute of Arts, e nel 1932 alla Memorial Art Gallery di Rochester. Posto in vendita nel 1934, fu acquistato da Walter P. Chrysler. In seguito è passato presso Kyoto Ltd. a Londra e presso Stanley Moss & Company Inc. a New York, ed è entrato a far parte della Alana Collection nel gennaio 2011.

Giorgio Vasari nelle Vite ricorda che Andrea “prese a fare per gli uomini della Compagnia di Santa Maria della Neve, dietro alle monache di Santo Ambruogio, una tavolina con tre figure, la Nostra Donna, San Giovanni Batista e Santo Ambruogio”, che fu collocata sull’altare del loro oratorio 1. Come argomentò John Shearman in un saggio dedicato al dipinto nel 1961, la Confraternita committente, composta da ortolani, si era formata nel 1445 e nel 1480 aveva ottenuto dalle monache agostiniane di Sant’Ambrogio un terreno per poter edificare l’oratorio, che esiste ancora, annesso alla parte posteriore della chiesa, ma il cui interno è stato completamente rimaneggiato e non reca più traccia dell’altare che ospitava il quadro 2. Lo studioso riportò inoltre alcune citazioni storiografiche del XVII e XVIII secolo secondo le quali il dipinto era stato donato nel Seicento (senza indicare l’anno esatto) dai confratelli al Cardinal Carlo de’ Medici (1595 – 1666) e sostituito con una copia di Jacopo da Empoli.

Alcuni documenti, tra i quali un inedito ricordo contenuto nel libro dei Capitoli della Compagnia, collocano invece con precisione l’episodio nel febbraio del 1620, e riferiscono che la copia fu donata dal cardinale stesso, il quale diede alla confraternita anche 200 scudi che servirono per opere di beneficenza 3. Da questo momento però si perdono le tracce del dipinto, ed esso non è citato nell’inventario dei beni posseduti dal cardinale stilato alla sua morte, né in quelli dei vari edifici dove egli visse nel corso degli anni 4. Quindi molto probabilmente egli lo donò o lo scambiò con altre opere d’arte per la sua collezione, come fece con altri quadri tra i quali una delle versioni del Sacrificio di Isacco dello stesso Andrea del Sarto, ceduto nonostante egli fosse un appassionato collezionista di pittura del primo Cinquecento fiorentino e in particolare proprio di Andrea 5.

Attualmente si può soltanto escludere che egli lo donasse al suo “cavallerizzo maggiore” Carlo Gerini, nelle cui raccolte confluirono molte opere appartenute al cardinale, poiché gli inventari delle collezioni Gerini sono stati integralmente editi, e la Madonna di Sant’Ambrogio non vi è menzionata. Le successive vicende del quadro sono in parte riassunte nel catalogo della vendita Ehrich del 1934, dove vengono ricordati (sia pure con qualche imprecisione) alcuni dei suoi precedenti proprietari, cioè i nobili napoletani Giovanni Vincenzo Rogadeo conte di Torrequadra (1834 – 1899) e Giuseppe de Vargas Machuca principe di Casapesenna (1862 – 1940).

Nel primo Ottocento la pala si trovava dunque a Napoli, ma attualmente non sappiamo quando essa vi giunse; non è però da escludere che possa esservi pervenuta già nel Seicento, poiché il cardinal Carlo ebbe intensi rapporti con la città a partire dal 1637, quando fu nominato “Protettore di Spagna presso la Santa Sede”. Le difficoltà che egli ebbe a riscuotere dai reali spagnoli la “pensione” collegata a tale ruolo lo portarono spesso a fare pressioni (direttamente o tramite i suoi ambasciatori) nei confronti dei vicerè spagnoli partenopei, e in tale contesto potrebbe giustificarsi l’eventuale dono di quest’opera.

Dal Rogadeo la tavola passò al De Vargas Machuca per questioni ereditarie, avendo quest’ultimo sposato una delle nipoti del primo, e in seguito fu ceduta all’antiquario americano Louis R. Ehrich (1849 – 1911) o a suo figlio Harold. Dal necrologio di Louis Ehrich (New York Times, 24 ottobre 1911) sappiamo che egli ogni anno faceva un lungo viaggio in Europa, spesso in compagnia del figlio, per acquistare opere d’arte (soprattutto dipinti) da presentare in vendita nella sua galleria sulla Fifth Avenue di New York. Molte di queste opere venivano poi cedute a grandi musei americani, dei quali gli Ehrich erano fornitori di fiducia, e Harold L. Ehrich cercò di far acquisire la pala al Detroit Institute of Arts, dove fu temporaneamente esposta nel 1930, e alla Memorial Art Gallery di Rochester, dove pure la presentò nel 1932, ma senza successo. Alla sua morte nel 1934 essa fu posta in vendita come autografa di Andrea del Sarto col resto delle sue raccolte, e acquistata da Walter P. Chrysler 6.

Nel saggio del 1961 Shearman discusse principalmente la replica dell’Empoli, che si trovava allora nella chiesa parrocchiale di Saint Giles a Stoke Poges (South Buckinghamshire, England) 7, considerando il dipinto Chrysler soltanto una derivazione dal perduto prototipo sartesco, ma nel 2000 lo stesso studioso si espresse invece diversamente, sostenendone l’autografia. Le iniziali conclusioni di Shearman furono determinate dal fatto che a quell’epoca il quadro si presentava malamente ridipinto nella parte inferiore. Infatti la tavola fu gravemente danneggiata dall’alluvione che colpì Firenze nel 1557 sommergendo anche l’oratorio di Santa Maria della Neve, e che provocò la perdita di gran parte della pittura per circa un terzo dal basso. La zona danneggiata fu integrata con una serie di restauri antichi e recenti, fino al completo e pesante rifacimento con cui l’opera si presentava nel 2000. Dopo l’acquisto per la collezione Alana il restauro è stato affidato a Stefano Scarpelli, e l’intervento ha evidenziato nella zona in basso, sotto un moderno rifacimento, brani di una ridipintura eseguita con una tecnica e uno stile molto vicini alla pittura originale, e quindi di poco tempo successiva a quest’ultima.

Fig. 1

La parte maggiormente rimaneggiata nel tempo è stata il volto dell’angioletto seduto in basso, la cui fisionomia risulta esser stata cambiata almeno tre volte poiché della stesura originaria non era rimasto quasi nulla. Nella fotografia del catalogo di vendita Ehrich esso appare con tratti somatici quasi “rubensiani” e morbidi boccoli biondi (fig. 1), mentre nell’immagine pubblicata da Shearman nel 2000 si presenta con capelli castani e un’espressione sognante, ma con lineamenti piuttosto duri e schematici, prima che la pala fosse sottoposta all’ultimo restauro mostrava tratti somatici ancora diversi, ispirati al suo omologo nella copia dell’Empoli.

L’intervento ha comportato la fermatura del colore, sollevato su tutta la superficie pittorica a causa del modo in cui in passato era stato trattato il supporto ligneo, assottigliato e parchettato probabilmente negli anni trenta del Novecento. Esso è stato liberato dalla parchettatura, i numerosissimi spacchi sono stati risanati, ed è stato dotato di una struttura di sostegno che, pur conferendo solidità al supporto, consente ora i movimenti naturali del legno. Le lacune presenti sulla superficie dipinta liberata dai rifacimenti recenti (mentre sono stati mantenuti quelli cinquecenteschi) sono state trattate senza ricostruire le forme.

Dall’intervento è emerso inoltre che una striscia di 8 centimetri in alto e di 5 centimetri per ogni lato del supporto era in origine priva di colore, perché era in origine inserita nell’incorniciatura dell’altare. In basso tale fascia non compare, e il piede sinistro dell’angelo si spinge quasi a toccare il profilo della tavola, che si presenta in alcuni tratti irregolare, suggerendo che il quadro sia stato qui tagliato. Non sappiamo quando ciò sia avvenuto, ma probabilmente fu asportata la striscia di supporto che anche su questo lato doveva presentarsi priva di pigmento, e forse anche una piccola porzione di superficie pittorica. Le altre zone pertinenti alla battitura della cornice furono in seguito ritoccate ampliando le strutture architettoniche di sfondo e completando piccole parti dei panneggi alle spalle dei due Santi, alterando quindi le dimensioni originali. Infatti la replica dell’Empoli non include queste aggiunte, mentre un’altra derivazione seicentesca conservata nel Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno (Arezzo) non presenta quelle sui lati e in alto, ma in basso mostra un pavimento a scacchiera che si spinge ben al di sotto del piede sinistro dell’angelo, e pare essere un’invenzione dell’anonimo copista 8. Vasari ricorda la pala di Sant’Ambrogio poco prima della Madonna delle Arpie, commissionata nel 1515 e datata 1517, con cui il quadro Alana condivide l’ambientazione architettonica della nicchia poco profonda messa al centro da pilastri. Una datazione prossima alla tavola degli Uffizi pare comunque la più conveniente anche per le forti analogie che legano i due dipinti riguardo alla stesura pittorica e alla caratterizzazione somatica ed espressiva dei personaggi.

Il volto di San Giovanni nel quadro Alana, con le occhiaie profondamente segnate, la bocca accuratamente profilata e i piani del volto complessi e sensibili alla luce, si presenta infatti analogo per concezione strutturale a quello del San Francesco nella Madonna delle Arpie. Le similitudini appaiono comunque assai stringenti anche con altre opere datate dalla critica allo stesso momento in cui Andrea aveva ormai superato lo sfumato ricco e morbido degli esordi per orientarsi verso uno stile pittorico plasticamente più definito, quali ad esempio la Madonna col Bambino e San Giovannino della Galleria Borghese di Roma. Sembra troppo anticipata la cronologia verso il 1514 – 1515, suggerita per la Madonna di Sant’Ambrogio da Shearman (sulla base della copia dell’Empoli) poiché un affresco di Ridolfo del Ghirlandaio nella Villa Agostini a Colleramole (Firenze) “painted not later than the first months of 1516” ne riprenderebbe con esattezza la composizione, dal momento che le affinità tra le due opere non appaiono così stringenti. Forse più evidente è la citazione (sempre suggerita da Shearman) della figura del Battista nel San Girolamo di una Sacra conversazione datata 1520, opera documentata del romagnolo Michele Bertucci e conservata in Palazzo Piancastelli a Fusignano (Ravenna) 9, ispirata a prototipi fiorentini del secondo decennio del Cinquecento, sia di Andrea stesso che di Fra Bartolomeo. Altre derivazioni con varianti, ma più tarde, possono essere individuate nella Madonna col Bambino, i Santi Benedetto e Bernardo degli Uberti e un angelo musicante di Pierfrancesco Foschi nella chiesa di San Barnaba a Firenze e in una Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Gualberto e Bernardo degli Uberti di Maso da San Friano nel Museo del Cenacolo di San Salvi a Firenze, mentre molto più attenta al prototipo è la citazione delle figure della Vergine e del piccolo Gesù in una Madonna col Bambino e i Santi Pietro e Lorenzo firmata da Francesco Brancadori e conservata nella chiesa di San Bartolomeo a Galliano di Barberino del Mugello (Firenze) 10.

Alla Madonna di Sant’Ambrogio sono stati collegati tre disegni per le figure dei Santi laterali, dei quali il più noto è conservato agli Uffizi (325 F) (fig. 2), ed è uno studio per il San Giovanni Battista che fu ritenuto preparatorio per la pala da Bernard Berenson in base alla descrizione vasariana, senza che egli conoscesse alcuna delle versioni dipinte 11. Shearman (1961) ritenne il foglio ispirato ad un modello in creta di Jacopo Sansovino, che a detta del Vasari fornì spesso ad Andrea abbozzi di questo tipo per lo studio di pose e gesti dei personaggi dei suoi quadri, e accostò alla pala gli altri due disegni collegandoli alla figura di Sant’Ambrogio: uno al Louvre (n. 1726) (fig. 3), preparatorio per la testa, e uno nel Kupferstichkabinett di Berlino (n. 5133)(fig. 4), con un garzone accomodato nella posa che poi assumerà il Santo nella pala 12.

Fig. 3

Secondo Shearman Andrea avrebbe usato il modello sansoviniano anche per il Battista dell’affresco con la Predica del Chiostro dello Scalzo, riproducendolo però da una differente angolazione. Il disegno di Berlino è il frammento di uno studio più complesso, che però non comprendeva sulla sinistra la figura della Vergine col Bambino come asserì Shearman, ma piuttosto il Battista, la cui mano in atto di indicare si riconosce molto bene. Le dimensioni del foglio, la tecnica esecutiva e il tipo di carta sembrano compatibili col foglio n. 325F degli Uffizi, con il quale il disegno berlinese poté forse in origine costituire un tutt’uno. Infatti, mentre il foglio degli Uffizi ha un profilo lineare a sinistra ed irregolare invece a destra, quello del Kupferstichkabinett presenta una situazione esattamente opposta. Nel caso, però, al centro dovevano esserci altri schizzi, poi in parte eliminati, come suggeriscono gli altri dettagli della mano e del panneggio del San Giovanni. Il foglio del Louvre, molto danneggiato, fu ritenuto da S.J. Freedberg preparatorio per un affresco del Chiostrino dei Voti alla Santissima Annunziata, e lo stesso Freedberg collegò alla pala anche un disegno del Louvre (RF 76), che da altri è stato invece messo più convincentemente in rapporto con la Disputa sulla Trinità della Galleria Palatina 13.

A mio vedere potrebbe semmai essere avvicinato al dipinto il disegno n. 14425F degli Uffizi, che mostra una mano reggente la parte alta di un libro, molto simile alla destra del Sant’Ambrogio. A proposito di questo santo, nel quadro, è interessante notare che nel gallone del suo piviale sono rappresentati i Santi Cosma e Damiano, patroni della famiglia Medici. Dalle carte d’archivio non emergono però altri legami tra la confraternita di Santa Maria della Neve e i regnanti fiorentini, e dunque il dettaglio rimane per il momento privo di spiegazione.

Note:

  1. Vasari – Milanesi, V, pp. 17 – 18.
  2. Shearman 1961, pp. 225 – 226.
  3. Archivio di Stato di Firenze, Capitoli delle Compagnie soppresse, 606, c. 55r: “Havendo la nostra Compagnia donato all’Illustrissimo et Reverendissimo Signore Cardinale de’ Medici Principe Don Carlo, figliuolo del Serenissimo Ferdinando Medici Gran Duca di Toscana di felice memoria, una sua tavola che haveva appresso di sé, una Madonna fatta di mano di Andrea del Sarto eccellentissimo pittore fiorentino. Ma perché la mano del Signore Dio non è abbreviata, et spiritus ubi vult spirat, di qui è che non volendo S.S. Illustrissima esser vinta da noi di cortesia, ci ha ricompensato con una copia di detta tavola fatta per mano di Jacopo da Empoli, quale si è messa sopra lo medesimo altare nel luogo di quella, et così ancora ha remunerato con scudi dugento di moneta di lire 7 per scudo”. Il libro dei capitoli della confraternita è peraltro menzionato in Shearman 1961, p. 226. Il ricordo è datato 1 febbraio 1619 (1620 in stile comune), e trova conferma nel mandato di pagamento fatto fare dal cardinale il 25 gennaio 1620 a favore del sodalizio, “Addì detto (25 gennaio 1619, 1620 in stile comune). Per lemosina alla Compagnia di Santa Maria della Neve in S. Ambrogio, scudi 200 per depositarsi ad effetto di maritare dei frutti due fanciulle l’anno, e questo stante il Quadro che la medesima Compagnia concede a Sua Signoria Illustrissima”. Questo documento è conservato in Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, 5269 a, c. 595v (1201), ed è stato indicato in Fumagalli 2001, p. 250. Ringrazio Elena Fumagalli per alcune fondamentali delucidazioni sulla documentazione relativa al prelato mediceo.
  4. Shearman (1961, p. 226) citò l’inventario del Casino mediceo di San Marco stilato alla morte del prelato, e pubblicato integralmente in Barocchi – Gaeta Bertelà 2005, III, pp. 1095 – 1159, e alcuni inventari di residenze romane, verificati da chi scrive.
  5. Attestazioni della predilezione del cardinale per Andrea sono discusse in Shearman 1961, p. 226 (dov’è riportata anche la vicenda relativa al Sacrificio di Isacco), Fumagalli 2001, p. 250, e Padovani 1994, pp. 383 – 392.
  6. Per la vendita Ehrich cfr. Important Paintings by Old Masters from the Ehrich Collection, 1934, p. 60, dove il Santo di destra è identificato come Agostino. Per il passaggio a Chrysler si veda invece Freedberg 1963, p. 49.
  7. Il dipinto dell’Empoli, ceduto dalla confraternita alla fine del Settecento come originale di Andrea del Sarto, fu a lungo creduto tale anche in alcuni dei suoi successivi passaggi sul mercato dell’arte. La sua storia completa è narrata in Shearman 1961, mentre le sue vicende successive a tale data sono riassunte nel catalogo Christie’s Londra, 11 dicembre 1984, p. 235, quando il quadro fu posto in vendita dalla chiesa di Stoke Poges.
  8. Il dipinto, che si trova tuttora a San Giovanni Valdarno è citato in Shearman 1961, p. 226, Freedberg 1963, p. 49, e Shearman 1965, p. 225, come disperso. E’ discusso e riprodotto in Sacchetti Lelli 2005, p. 111, ma senza che in questa pubblicazione divulgativa sia notata la derivazione dal prototipo sartesco, e inoltre il Santo di destra è indicato come Bernardo degli Uberti.
  9. Per entrambe le presunte derivazioni cfr. Shearman 1965, p. 226.
  10. La citazione nel dipinto del Foschi è già indicata in Shearman 1965, p. 226, mentre per quella del Brancadori cfr. Padovani in Firenze 2008, p. 241.
  11. Freedberg 1963, p. 48 e Petrioli Tofani in Firenze 1986 – 1987, pp. 209 – 210, con altra bibliografia. Del foglio esiste una copia antica alla Christ Church di Oxford (Byam Shaw 1976, pp. 56 – 57).
  12. Shearman 1961, p. 226.
  13. Cfr. Freedberg 1963, pp. 48 – 49, e Cordellier 1986, pp. 39 – 40.

References:

New York 1934, pp. 60 – 61.
Shearman 1961, pp. 225 – 230.
Freedberg 1963, pp. 47 – 49.
Shearman 1965, pp. 225 – 226.
Monti 1965, pp. 61 – 62.
Ragghianti Collobi 1974, p. 114.
Cordellier 1986, pp.
Natali 1998, p.
Shearman 2000, pp. 124 – 128.
Fumagalli 2001, p. 250.
Natali 2004, pp. 50 – 51.


Bibliografia estesa:

-P. Barocchi – G. Gaeta Bertelà, Collezionismo mediceo e storia artistica, II, Il cardinale Carlo, Maria Maddalena, don Lorenzo, Ferdinando II, Vittoria della Rovere, Firenze 2005.

-J. Byam Shaw, Drawings by Old Masters at Christ Church, Oxford, Oxford 1976.

-D. Cordellier, Hommage à Andrea del Sarto, catalogo della mostra (Parigi 1986 – 1987), Parigi 1986.


-Firenze 1986 – 1987: Andrea del Sarto 1486 – 1530. Dipinti e disegni a Firenze, catalogo della mostra (Firenze 1986 – 1987), Milano 1986.


-Firenze 2008: Firenze e gli antichi Paesi Bassi 1430 – 1530. Dialogo tra artisti: da Jan van Eyck a Ghirlandaio, da Memling a Raffaello…, catalogo della mostra (Firenze 2008) a cura di B. W. Meijer, Livorno 2008.


-S.J. Freedberg, Andrea del Sarto, Cambridge (Mass.) 1963.


-E. Fumagalli, Collezionismo mediceo da Cosimo II a Cosimo III: lo stato degli studi e le ricerche in corso, in Geografia del collezionismo. Italia e Francia tra il XVI e il XVIII secolo, atti della giornata di studio dedicata a Giuliano Briganti (Roma 1996), a cura di O. Bonfait, M. Hochmann, L. Spezzaferro e B. Toscano, Roma 2001, pp. 239 – 255.


-New York 1934: Important Paintings by Old Masters from the Ehrich Collection, New York, American Art Association, Anderson Galleries 1934.


-P. La Porta, “Sir Spillo” fratello d’Andrea del Sarto: un contributo, in “Bollettino d’arte”, 66, 1990, pp. 111 – 116.


-R. Monti, Andrea del Sarto, Milano 1965.


-A. Natali – A. Cecchi, Andrea del Sarto. Catalogo completo dei dipinti, Firenze 1989.


-A. Natali, Andrea del Sarto. Maestro della “maniera moderna”, Milano 1998.


-A. Natali, Il leggìo del maestro. Andrea del Sarto modello dei pittori riformati, in Jacopo da Empoli 1551 – 1640, pittore d’eleganza e devozione, catalogo della mostra (Empoli 2004), a cura di R.C. Proto Pisani, A. Natali, C. Sisi, E. Testaferrata, Cinisello Balsamo 2004, pp. 43 – 55.


-A. O’Brien, Andrea del Sarto and the Compagnia dello Scalzo, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XLVIII, 2004, pp. 258 – 267.


-S. Padovani, Andrea del Sarto, Firenze 1986.


-S. Padovani, Andrea del Sarto. Una conferma per l’Annunciazione di San Godenzo, in Hommage à Michael Laclotte, Milano 1994, pp. 383 – 392.


-L. Ragghianti Collobi, Il Libro dei Disegni del Vasari, Firenze 1974.


-L. Sacchetti Lelli, Opere conservate nelle chiese cittadine, in Museo della Basilica di Santa Maria delle Grazie, San Giovanni Valdarno. Guida alla lettura delle opere, San Giovanni Valdarno 2005.

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-J. Shearman, A lost Altar-piece by Andrea del Sarto,’The Madonna of S. Ambrogio’ (part II), in Festschrift für Konrad Oberhuber, a cura di A. Gnann e H. Widauer, Milano 2000, pp. 124 – 128.


-J. Shearman, Andrea del Sarto, Oxford 1965.


-G. Vasari, Le Vite de più eccellenti pittori, scultori et architettori,(1568), edizione a cura di G. Milanesi, Firenze 1878 – 1885.

Le immagini

Fig. 1 – Andrea del Sarto, Madonna di Sant’Ambrogio, stato in cui si presentava nel 1934.

Fig. 2 – Andrea del Sarto, San Giovanni Battista, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.
Fig. 3 – Andrea del Sarto, Profilo di vecchio, Parigi, Cabinet des Dessins du Louvre.
Fig. 4 – Andrea del Sarto, Garzone in posa per il Sant’Ambrogio,
Berlino, Kupferstichkabinett.



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