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Guy Massaux

Opere 1987-1999  Parte 1

a cura di

Andrea Alibrandi 

Galleria Il Ponte – Firenze

30 marzo  –  12 maggio 2023

inaugurazione

giovedì 30 marzo   h 18:00

 

È lecito pensare che pianificare, in vita, una retrospettiva della propria opera sia presuntuoso. In questo caso, questa ri-valutazione di un lavoro, rimasto in sostanza relativamente confidenziale e poco esposto, è il risultato di un invito lanciato da Andrea Alibrandi ed Eduardo Secci, proprio mentre, lasciando la mia posizione di professore all’Accademia Reale di Belle Arti di Bruxelles, mi sono stabilito in Italia.

Dopo gli studi all’Accademia Reale di Belle Arti di Bruxelles dal 1977 al 1981, mi sono concentrato principalmente sul disegno dal 1982 al 1991. Durante questo periodo, ho partecipato attivamente all’atelier di disegno diretto da Lucien Massaert[1].

Ho prodotto gran parte delle mie opere in Italia tra il 1987 e il 2013[2], continuando a lavorare anche a Bruxelles. Ho alternato la pratica del disegno e della pittura con la mia ricerca nell’insegnamento dell’arte, nella trasmissione e nella pedagogia artistica[3].

Le opere esposte qui a Il Ponte costituiscono una prima selezione. Realizzate tra il 1987 e il 1999, sono state prodotte durante i miei frequenti soggiorni a Volterra[4], in Toscana.

Il mio interesse per le avanguardie artistiche del XX secolo, come i collages di Picasso, i movimenti costruttivisti e suprematisti, Matisse, Pollock, Robert Newman, Ellsworth Kelly, Robert Ryman, così come per le pratiche pittoriche del tardo gotico, dal Trecento al Cinquecento in Italia e nelle Fiandre, mi ha portato a creare salti spazio-temporali nella mia pratica artistica, incrociandoli per creare disegni inediti in cui la contemporaneità dei loro contenuti consisteva nel tracciare una filiazione storica dinamica piuttosto che un orizzonte chiuso e fisso. La mia ricerca artistica si è così allontanata da ogni idea di stile o firma personale. Ho cercato di esplorare la materia della creazione e le potenzialità offerte dai diversi materiali utilizzati. Ho anche lavorato sulla decostruzione e la ricostruzione delle forme, per esplorare le possibilità dello spazio pittorico. Il mio lavoro si situa quindi in una dinamica di movimento, in cui l’opera diventa una manifestazione della temporalità, della ricerca e dell’esplorazione.

Nel 1987 ho realizzato opere su carta utilizzando strumenti come il carboncino e la matita, attingendo da un repertorio di forme vegetali e minerali associato alla poesia di autori come Francis Ponge. Gli elementi riprodotti, carbone, ciottoli e rametti, erano presentati in modo frammentario e organizzati secondo regole prestabilite. Queste opere sono state create sovrapponendo strati successivi, ritirandoli o cancellandoli parzialmente, per lasciare intravedere tracce di lavaggi precari e gocce di carboncino diluito in superficie, disseminati, dissolti e decomposti alla vista. Questi disegni introducono nozioni topologiche come la piega, il taglio, lo scarto, il discontinuo, l’interruzione, l’intervallo e molte altre.

 

Guy Massaux, Cendres évanescentes, 1988, 179 x 150 cm, carboncino e lavaggio su carta

 

Nel 1989, Arcadia 1 è un’opera unica su carta tagliata, è la prima in cui ho cercato di superare i limiti “tradizionali” del disegno e di integrarlo nel campo più ampio della pittura e della scultura. Questo “collage graffettato” è un tentativo di conferire al disegno una dimensione più tangibile e palpabile. Arcadia 1 costituisce una sorta di ponte metaforico tra diversi media, aprendo così la strada a esperimenti più complessi.

Guy Massaux, Arcadia 1, 1989, 175 x 150 cm, carboncino, inchiostro di china, tempera su carta

 

A partire dal 1994, il lavoro si sposta su un piano pittorico con l’introduzione del colore (inizialmente solo bianco) e di altri materiali ad esso associati. Viene utilizzato un processo di impronte di pennello identiche per coprire l’intero supporto di carta, creando un motivo ripetitivo che si interseca e si sovrappone, dove i confini delle superfici dipinte sono delimitati da del nastro adesivo di mascheramento.

Guy Massaux, V01, 1994, 215 x 202 cm, tempera bianca su carta

 

Nel 1995, il supporto (carta, pellicola di poliestere o tela), posto questa volta a terra, viene delimitato da pieghe[5] che si intersecano e si sovrappongono. Questo processo evolve con l’introduzione di uno o più tagli, incisioni applicate al centro del supporto (come in Fontana), attorno alle quali viene effettuata una serie di pieghe orizzontali. Successivamente, viene applicato uno strato uniforme di vernice su tutto, dispiegando la superficie e rivelando l’intero supporto. Vengono così alla luce le immagini precedentemente nascoste.

 

Guy Massaux, 30.05.96, 1996, 110 x 110 cm, tempera su pellicola di poliestere

 

 

Guy Massaux, 00.00.00, 1995, 110 x 110 cm, spray antiruggine su pellicola di poliestere

 

Il processo di piegatura conferisce all’opera una dinamica complessa e paradossale, sia di occultamento che di rivelazione, di sottrazione e di aggiunta. Infatti, la piegatura inizializza una dissimulazione delle forme preesistenti, facendole scomparire in una sorta di oblio visivo. Tuttavia, quest’operazione di dissimulazione non agisce come una semplice sparizione, poiché essa è accompagnata da un movimento interno dell’opera che si dispiega in silenzio, come un pulsare latente e segreto. Quando l’opera viene sbloccata, una nuova superficie supplementare emerge dall’interno, dando luogo ad una visione inaspettata, che non era presente nella configurazione iniziale. Questa sorprendente comparsa è la manifestazione di un potenziale latente, di una virtualità che non era stata realizzata in precedenza. In questo senso, la piegatura è sia una forma di oblio che di reminiscenza, un processo di cancellazione e di riapparizione, che rimanda alla complessità dell’esperienza estetica e ontologica.

Guy Massaux, 00.00.00, 1997, 40 x 40 cm, aerosol grigio su pellicola di poliestere

 

La creazione di questo percorso complesso si è evoluta fino a diventare “un gioco seriale”; una trasformazione minore nella ripetizione di uno o più elementi strutturali, con variazioni definite da caselle vuote e piene, pieghe e dispiegamenti. La superficie (nel suo supporto su carta, su tela) del percorso è come un terreno che può scomparire o chiudersi in certi momenti. La scacchiera o la griglia crea un’illusione di continuità spaziale che cancella la discontinuità in superficie. Questo crea uno spazio che si piega su se stesso, retratto o bucato.

 

Guy Massaux, “Who loves Brussels” (manifesto), 70 x 50 cm, 1997, Kanal 20, Bruxelles, stampa offset

 

Nel 1997 ho intrapreso un lavoro consistente nell’applicare il principio della piegatura ai freschi dei Cenacoli fiorentini. Queste opere rappresentano una tela regolarmente dispiegata, sollevata perpendicolarmente e orizzontalmente rispetto allo sguardo. Ho così sviluppato diverse opere che sono legate l’una all’altra in base alla reversibilità delle pieghe marcate e dispiegate. Per ottenere queste figure, ho moltiplicato i tagli per undici (11), in base al numero di incidenze e configurazioni possibili, ottenendo così un gran numero di figure distinte (16). Ho rappresentato ogni striscia orizzontale in un piano assonometrico e il suo corrispondente, che ha portato alla formazione di 16 disegni distinti che funzionano a coppie (8 x 2 disegni) [6]. Questo metodo di lavoro ha permesso di creare opere collegate tra loro per forme e disposizioni, ma complementari in termini di colori e disposizione. Per accentuare questa distinzione, ho attribuito a ciascuna opera una lettera dell’alfabeto e un colore specifico determinato da un processo derivante dalle relazioni che esse hanno tra loro.

Guy Massaux, piano assonometrico della striscia ‘A‘ (progetto),
11 tagli, 04.09.97, 110 x 75 cm, pastello spray blu 092 (Buntlack) e inchiostro su carta

 

Nel 1999, in seguito a una commissione per l’installazione di un’opera d’arte pubblica, ho concepito una serie di oggetti multifunzionali sviluppati in parallelepipedi con caratteristiche distintive e variegate, declinati in quattro spessori e realizzati in alluminio estruso. Questi oggetti sono stati disposti con aperture laterali che consentono di vedere l’interno. La disposizione del colore è subordinata all’inclinazione angolare di ogni oggetto, creando così una percezione di movimento e profondità. Ho optato per l’uso di dodici colori distinti spostati sul bordo di ogni oggetto in base al suo spessore. La disposizione delle cartelle/oggetti/tavole (9 in totale) sulla parete della galleria è il risultato di una pianificazione complessa che tiene conto di diversi fattori pratici ed estetici come le dimensioni della parete, la distanza tra gli oggetti e le loro caratteristiche specifiche, tra cui lo spessore, il colore e l’orientamento. Questi “oggetti” con caratteristiche quasi scultoree, in rilievo, possono essere presentati e posizionati mediante rotazioni di 90° su se stessi; le quattro posizioni così ottenute introducono rapporti di continuità. Questi possono essere percorsi da diversi punti di vista, a seconda degli spostamenti (senza doversi necessariamente posizionare di fronte). Così si presentano, alternativamente, sul loro bordo, sullo spessore o sull’apertura.

Guy Massaux, progetto di animazione per 4 cartelle/oggetti/tavole, 1999, dimensioni variabili

 


 

note

 

[1] Lucien Massaert ha studiato disegno e pittura murale presso l’Accademia reale di belle arti di Bruxelles. È stato titolare dell’atelier di disegno presso la stessa Accademia fino al 2015. È cofondatore, insieme a Luc Richir, della rivista di estetica La Part de l’Œil. Nel 1983, sarò il suo assistente e, in seguito, come professore e collega, lavorerò con lui per l’evoluzione dell’atelier di disegno fino al 1997.

[2] A partire dal 2014, ho diretto la mia ricerca plastica principalmente attorno all’immagine in movimento, attraverso il video e la scrittura cinematografica. In questo modo, ho diversi cortometraggi al mio attivo, tutti realizzati in Italia (in italiano): Il Rifugio (2015), La Selva Oscura (2018), B. o la Vita Nuova (2021) e CANTI-Trilogia video/film in post-produzione, che uscirà nel corso del 2023.

[3] A partire dal 1998, ho creato e animato il corso d’arte nello spazio pubblico (AEsP) presso l’Accademia reale di belle arti di Bruxelles. Questo laboratorio intra e multidisciplinare, innovativo all’interno della scuola, è stato il primo a integrare le pratiche delle immagini in movimento, del suono, delle reti e delle pratiche digitali, e si proponeva di coinvolgere gli studenti nella progettazione di dispositivi che implicassero la presenza accidentale o la partecipazione attiva del pubblico nelle loro creazioni.

[4] In un primo momento, sono stato accolto da artisti locali, Mino Trafelli, Ennio Furiesi, ai quali sono stato e resto molto legato.

[5] La tecnica che ho utilizzato nel mio lavoro artistico è stata “presa in prestito” dall’artista francese Michel Parmentier (1938-2000), che ho avuto il privilegio di assistere a Bruxelles (dal 1991 al 1999). Questo incontro è stato determinante per la mia produzione artistica negli anni successivi. La tecnica in questione è quella della piegatura, che consiste nel nascondere alla vista una parte del supporto per far emergere una superficie “additiva” una volta che questo viene ripiegato. Questo metodo permette di rendere visibile ciò che è nascosto, creando così una dimensione aggiuntiva all’opera.

[6] Qui vengono mostrati due disegni con colori e organizzazione interna complementari.

 


 

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