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La Maddalena e la Croce.

Amore sublime

 

4 Aprile 2025 – 13 luglio 2025

(Prorogata fino al 14 settembre 2025)

Musei Civici di Treviso

Museo Santa Caterina

 



Museo della Collegiata di S. Andrea – Empoli

 

Maddalena orante

 

Romualdo da Candeli, scultore
(Attivo nella seconda metà del Quattrocento)

Neri di Bicci, pittore
(Firenze, 1418-1492)

1455

 

Legno policromo, 175 x 46 x 40 cm

Bibliografia: B. Santi, in Fece di scoltura 2016, cat. 24, pp. 208-209 (con bibl. prec.).

 

La Maddalena, a grandezza naturale, vestita solo dei lunghi capelli sciolti, è colta nell’atto della preghiera, con le mani che stanno per congiungersi; stante, la sottile gamba destra leggermente flessa e col tallone rialzato che conferisce alla figura un lieve moto.

Il volto magro, dai tratti fortemente connotati dall’elemento pittorico, comunica l’intenso trasporto, nello sguardo quasi assente, nella contrizione che traspare dalla lieve flessione della bocca.

La lunga chioma è fortemente stilizzata, eppure si apprezzano l’andirivieni sinuoso e la cifra grafica e astraente delle ciocche che rivestono il corpo fin oltre le ginocchia – quasi un saio di tela grezza – e lo trasfigurano in un motivo ornamentale.

Il motivo del corpo coperto dei soli capelli connota la Maddalena come santa eremita, accomunandola a Maria Egiziaca, più raramente rappresentata e a volte contraddistinta dall’attributo dei tre pani, o dall’ambientazione desertica della scena.

L’opera è datata al 1455 dall’iscrizione che corre sul basamento e dalla quale apprendiamo il nome della committente, Monna Nana di ser Michele Tocci da Vinci, che – secondo Baldini – la volle prima per la chiesa di Santa Croce a Vinci, per poi farla trasferire nella Collegiata.

Per l’intaglio è stato fatto il nome del camaldolese Romualdo, abate del monastero fiorentino di Candeli (C. Proto Pisani, in La Maddalena 1986, pp. 49-50; B. Santi, in Fece di scoltura 2016), che avrebbe più volte collaborato con Neri di Bicci, tra i più prolifici pittori fiorentini dell’epoca, titolare di una fiorente bottega di più generazioni, e supposto autore della policromia.

A Neri si è giunti per via induttiva, collegando la data dell’opera a una nota del ricco giornale di bottega del pittore (C. Proto Pisani, in La Maddalena 1986, pp. 49-50).

Attestato già nel XIII secolo, e di possibile origine umbra (Mignozzi 2019, p. 149), il modello iconografico trova particolare fortuna a partire da fine Trecento nell’ambiente toscano, specie fiorentino, sia in pittura sia nella plastica lignea e in terracotta.

Tra le opere coeve vanno ricordate perlomeno l’esemplare di Pescia, datato al 1440 (D. Lucidi, in Fece di scoltura 2016, cat. 11, pp. 182-182), che rispetto al nostro appare bloccato in una rigida frontalità, e la celebre Maddalena donatelliana, di crudo realismo e straordinaria sensibilità.

Il soggetto verrà poi riproposto a più riprese per tutto il Quattrocento e ancora nel secolo successivo dalle principali botteghe di intagliatori fiorentini, nelle cui opere si indugia sulla fisionomia matura e patita della santa, ma non mancano declinazioni anche in altre regioni e al di là della Alpi con capolavori assoluti quali l’Ascensione di Tilman Riemenschneider (1490-1492, Berlino, Bode) e la sensuale Maddalena orante di Gregor Erhart (1510-1520, Parigi, Louvre).

 

[M.L.M.]

 

 

 


 

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